Cozze e Norovirus: accoppiata da allerta!

La sicurezza e l’igiene degli alimenti si garantiscono con adeguate procedure di produzione e manipolazione degli alimenti, in modo da prevenire i rischi associati. Le conseguenze di una procedura non corretta durante la manipolazione degli alimenti? Il possibile insorgere di patologie alimentari.

E' convinzione abbastanza comune pensare che le patologie alimentari siano sostenute esclusivamente da agenti biologici come i batteri. In realtà, le patologie legate al consumo di alimenti non idonei sono molteplici e diversificate tanto quanto sono i possibili pericoli che le causano.Qualsiasi fonte potenziale di contaminazione, in grado di compromettere la salute del consumatore finale, rappresenta un pericolo. Questi vengono classificati, in base alla loro natura, in tre categorie: pericolo chimico, fisico, biologico, e ognuna presenta, a sua volta, diverse tipologie. Il pericolo biologico, ad esempio, non comprende solo la contaminazione batterica ma anche quella da parassiti, muffe, lieviti e virus. Non si può quindi non prendere in considerazione il rischio biologico che deriva da tutti gli altri pericoli biologici. In particolare quello associato a contaminazioni di tipo virali. Tra le più “famose” patologie alimentari di origine virali vanno citate l’epatite A e le infezioni da Norovirus. Questi due agenti eziologici godono di una “buona fama” per i recenti casi di alimenti contaminati, tra cui quella riguardante i mitili campani contaminati sia da Norovirus che dal virus dell’epatite A. I Norovirus, forse meno conosciuti rispetto al virus dell’epatite A, meritano comunque l’adeguata attenzione, in quanto rappresentano un problema di sicurezza alimentare di respiro mondiale.

L’agente eziologico

I Norovirus (o “virus di Norwalk”) appartengono alla famiglia dei Caliciviridae. Sono virus che, pur essendo di recente scoperta (1972) hanno già raggiunto un buon primato: quello di causa più frequente di gastroenteriti acute di origine non batterica. L’infezione da Norovirus, infatti, si manifesta, dopo un breve periodo di incubazione (18-24 ore) come una classica gastroenterite con nausea, vomito, diarrea, crampi addominali che si risolve spontaneamente dopo 1-3 giorni dal contagio. La malattia spesso si manifesta in forma di focolai epidemici più o meno ampi e, situazioni ristrette come comunità chiuse, scuole, ospedali, e navi da crociera, sembrano facilitare la sua diffusione. Una delle peculiarità che rende questo virus di ampio interesse, anche nel settore alimentare, è la sua elevata capacità infettiva, spesso strettamente combinata alla sua capacità di persistere nell’ambiente. Il virus infatti riesce a infettare anche a bassissime concentrazioni. Questo significa che bastano 10 particelle virali (o virus) per originare un’infezione. Inoltre è in grado di utilizzare modi di trasmissione diversi: il circuito oro-fecale, aerosol, da contatto con superfici contaminate, ingestione di cibi e bevande contaminate. Gli alimenti possono essere contaminati da personale infetto che manipola il cibo durante le fasi di produzione e distribuzione. Oppure possono verificarsi fenomeni di contaminazione diretta, in quanto esistono alimenti, come i prodotti ittici in particolare i molluschi bivalvi, che risultano naturalmente più suscettibili a questo tipo di agente eziologico.

Il fattore umano

Il personale impiegato nella produzione, manipolazione, e distribuzione degli alimenti, deve essere opportunamente formato in materia di igiene. Uno dei prerequisiti essenziali per garantire la sicurezza alimentare è, infatti, anche l’applicazione di procedure che permettono di tenere sotto controllo fasi di processo che altrimenti potrebbero risultare critiche. L’applicazione di buone norme igieniche, infatti, rappresenta una buona base di partenza per ottenere un prodotto alimentare sicuro e conforme agli standard qualitativi previsti. In generale è sempre buona norma curare la propria igiene personale, ma per gli operatori del settore alimentare questo non rappresenta più solo un consiglio, quanto piuttosto un vero e proprio obbligo. Chi opera nel settore alimentare deve mantenere un elevatissimo standard di pulizia personale, indossando indumenti adeguati sempre puliti, dispositivi di protezione, e garantire l’igiene anche durante le lavorazioni con frequenti lavaggi delle mani, soprattutto successivamente all’utilizzo dei servizi igienici. In associazione a questo non può essere tralasciato lo stato di salute del personale. E’ infatti caldamente consigliato di astenersi dall’attività lavorativa in presenza di sintomi che possano essere associati a una malattia di natura infettiva. Non è difficile che la contaminazione alimentare da Norovirus avvenga direttamente da personale infetto. Il virus, essendo altamente infettivo, viene facilmente diffuso dal soggetto che lo ha contratto. Il rischio quindi può effettivamente verificarsi a partire da persone che hanno avuto i tipici sintomi dell’infezione (diarrea, vomito) e tornano alle loro attività lavorative prima della completa guarigione. Si è contagiosi, infatti, sia poco prima della comparsa dei sintomi, sia durante i giorni subito successivi alla guarigione. In altri casi invece, l’infezione può rimanere asintomatica o magari scambiata per un altro tipo di malessere, dando luogo comunque alla contaminazione di altre persone o di materiale in manipolazione. Altre volte ancora il virus può indurre disturbi gastrointestinali sporadici e totalmente scollegati da uno stato di malessere continuo che, per questo motivo, può essere sottovalutato e dare invece origine a problemi di contaminazione e/o contagio.

Alimenti a rischio sanitario

Una volta analizzato il fattore umano, bisogna prendere in esame alcuni alimenti che sono naturalmente più soggetti alla contaminazione diretta da Norovirus rispetto ad altri. Tra questi: i frutti di mare, principalmente i molluschi bivalvi. Cozze, vongole e ostriche, sono organismi acquatici che, a causa del caratteristico sistema di alimentazione che possiedono, sono spesso associate a fenomeni patologici.

Vengono infatti definiti “animali filtratori” in quanto effettuano la raccolta del cibo mediante la filtrazione dell’acqua. Per acquisire nutrienti filtrano grandi volumi di acqua e questo porta ad accumulare e a concentrare nell’animale non solo i nutrienti per il suo sostentamento ma anche componenti pericolosi come batteri, virus, tossine, metalli ed altri inquinanti potenzialmente presenti nel bacino d’acqua.

I frutti di mare sono animali che si adattano facilmente e riescono a crescere sia in ambiente salmastro, sul fondo, che in mare su scoglio o su sistemi di allevamento galleggianti. In tutti i casi però, i frutti di mare possono essere prodotti e commercializzati solo se provengono da bacini di acqua altamente controllati.

Tutti gli specchi di acqua usati per la loro produzione infatti vengono classificati e sottoposti a controlli da parte dell’Autorità competente, per la ricerca di possibili contaminanti di origine fecale (batteri e virus enterici), metalli pesanti, biotossine algali, diossine e pesticidi. Essendo alimenti definiti “ad alto rischio sanitario”, anche per la diffusa cattiva abitudine di consumarli crudi o poco cotti, tutta la filiera di produzione dei molluschi bivalvi deve essere strettamente controllata per garantire la produzione di un prodotto il più possibile sicuro. In base alle caratteristiche igienico-sanitarie delle acque, vengono distinte zone di produzione diverse: zone A, B, e C. Gli animali provenienti dalle zone di classe A sono quelli più sicuri e per questo possono essere immessi direttamente sul mercato, anche se solo dopo essere stati opportunamente rifiniti, lavati, puliti, calibrati,confezionati, imballati ed etichettati in un centro di spedizione (CSM).

I bivalvi invece provenienti da zone B devono essere obbligatoriamente depurati in impianti istituiti a tale scopo: i centri di depurazione (CDM). Questi consistono in bacini di acqua marina pulita in cui vengono posti i molluschi per il tempo necessario all’eliminazione dei contaminanti. In ultimo i bivalvi provenienti dalle zone C possono essere raccolti e commercializzati solo se sottoposti al trattamento con calore.

 

Il prodotto finito

Quali sono quindi le accortezze da rispettare all’acquisto e durante la preparazione di questi alimenti per evitare spiacevoli sorprese?

•Al momento dell’acquisto:

scegliere luoghi di acquisto (pescherie e supermercati) regolarmente registrati dall’autorità sanitaria competente;

prediligere molluschi confezionati ed etichettati correttamente;

valutare la vitalità dei molluschi: conchiglie ben chiuse; odore leggermente salato e mai sgradevole; corpo del mollusco aderente alla conchiglia, di colore vivido e il liquido interno limpido.

•Al momento del consumo:

conservazione in frigorifero a una temperatura consona al mantenimento della vitalità dell’alimento;

cuocere per un tempo consono gli alimenti prima del consumo (almeno per 5 minuti dal momento dell’apertura della conchiglia);

non consumare frutti di mare crudi.

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