regolamenti comunali specifici per l’installazione di dehors.” I riferimenti di legge sono infatti a due livelli: c’è una normativa nazionale in materia urbanistico-edilizia e ci sono i regolamenti comunali per la gestione delle concessioni.“Il riferimento alla normativa nazionale, ovvero al d.P.R. n.380 del 2001, Testo Unico dell’Edilizia – precisa Marta Perego - è fondamentale per definire quali tipologie di installazioni rientrano nel regime di edilizia libera, ovvero non necessitano di titolo abilitativo.” La professionista, però, sottolinea che in questa norma non figura la parola “dehor”, ma che si può fare riferimento alle opere di cui all’articolo 6, comma 1, lettera e-bis che comprende tra gli interventi che possono essere eseguiti senza titolo abilitativo “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale”.“Si fa quindi riferimento a due requisiti - precisa l’ingegnere - uno funzionale, che consiste nella finalizzazione alle esigenze dell’attività che devono tuttavia essere contingenti e temporanee, e uno strutturale, ovvero la realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne una rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale. Al di fuori di questa definizione, l’installazione di dehors viene inquadrata come opera che comporta una trasformazione urbanistico-edilizia, assoggettata quindi a titolo abilitativo.” Lo stesso articolo 6, però, recita: “fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”. “Ciò significa – prosegue - che l’intervento, seppur realizzabile in regime di edilizia libera, deve rispettare tutte le normative specifiche di settore, tra cui la richiesta di autorizzazione paesaggistica nei casi in cui siano presenti vincoli sull’area di intervento. La tematica dell’autorizzazione paesaggistica richiederebbe un ulteriore approfondimento, in quanto ci sono casistiche per cui, pur in presenza di vincoli, ai sensi del d.P.R. 31/2017 si è esonerati (casistiche Allegato A) o è ammessa l’istanza con procedura semplificata (casistiche Allegato B). Inoltre la deroga attualmente in vigore fino al 31/12/2023 ai sensi del Decreto Milleproroghe interviene proprio sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica.” Quando si decide di installare un dehor è sempre comunque consigliabile confrontarsi con l’Ufficio Tecnico del Comune di riferimento, anche in relazione ai contenuti di eventuali regolamenti comunali che potrebbero essere stati emanati dalla singola Amministrazione. “I regolamenti comunali - precisa Perego - solitamente contengono la definizione di dehor temporaneo o permanente, i requisiti estetici, funzionali e igienico-sanitari, le modalità per l’ottenimento delle concessioni e per l’occupazione del suolo pubblico. La temporaneità del dehor può essere definita con criteri differenti dai singoli Comuni. Ad esempio, alcuni Comuni considerano temporaneo un dehor che viene utilizzato continuativamente alcuni mesi all’anno (ad esempio 5 o 6 mesi all’anno), altri invece lo definiscono temporaneo per periodi genericamente inferiori a un anno.”
nei singoli Comuni. In caso la struttura venga posta a contatto di un edificio o su area privata è necessario anche ottenere il nulla osta del proprietario dell’unità immobiliare con cui la struttura viene a contatto o del suolo su cui la struttura insiste. Bisogna fare attenzione ai casi in cui l’occupazione si estende in aree limitrofe rispetto alla proiezione del pubblico esercizio richiedente. In tal caso è necessario ottenere il nulla osta di tutti i proprietari interessati.” Un altro caso che si può presentare è quello in cui il ristorante si trovi in un contesto condominiale e l’area in oggetto sia compresa tra le parti comuni. “In tal caso - aggiunge Perego - è necessario che il titolare dell’attività di ristorazione ottenga dall’assemblea condominiale un nulla osta ai fini dell’utilizzo dell’area in oggetto. Nel caso in cui l’area privata sia a uso pubblico e l’utilizzo da parte dell’attività di ristorazione sia oggetto di concessione da parte del Comune, solitamente questo nulla osta è richiesto anche tra la documentazione necessaria al rilascio della concessione stessa.”Elena Consonni