di Margherita Carabillò
In Italia esiste un ingente patrimonio di strutture sanitarie datate, parte delle quali edificate prima del ‘900 o prima della Seconda guerra mondiale: il 60% dei nostri edifici per la salute ha più di 40 anni, la metà dei quali ha dimensioni tali che mal si adattano ai moderni standard. La nostra sfida più importante (e anche, probabilmente, la più difficile) è saper cogliere che è in atto un importante cambiamento, sapere interpretarlo e, soprattutto, riuscire a tradurlo in esempi concreti.Ma verso quale modello di ospedale stiamo andando? L’opinione comune è piuttosto concorde nell’individuare alcuni aspetti caratteristici:
Allora, come ripensare l’ospedale alla luce della necessità di integrare le tecnologie digitali e creare connessione in quello che si sta configurando come un sistema sanitario “senza muri”?Alcuni aspetti stanno cambiando molto il nostro modo di rapportarci alle strutture sanitarie:
In questo momento di crisi, la universal room avrebbe potuto costituire un interessante modello di rapida conversione dei posti letto da ordinari a intensivi.Certo, un esempio di questo tipo, mal si adatta ad un sistema sanitario che deve continuamente “fare i conti” con contrazione degli investimenti e degli aumenti di spesa, alla luce del fatto che i maggiori oneri riguardano non soltanto la fase di attuazione (maggiori spazi, maggiori requisiti in termini di finiture, attrezzature ed impiantistica) ma anche in termini organizzativi (personale in grado di gestire anche la fase critica del paziente).LA TELEMEDICINALo “tsunami” generato dalla pandemia ha sicuramente fornito un’accelerazione e un impulso alle tecnologie digitali, anche in Italia. Per quanto ci riguarda, risale al 2016 il Patto per la Sanità Digitale, inteso a gestire e promuovere la diffusione della sanità elettronica (eHealth) in modo coordinato in tutto il paese. Sebbene le Linee Guida Nazionali per la Telemedicina siano state elaborate nel 2014, da allora si è fatto poco in termini di implementazione. La situazione di necessità che si è venuta a creare con la “gestione” della infezione di coronavirus ha fatto rapidamente prendere coscienza delle opportunità offerte grazie all’utilizzo di modalità “smaterializzate” quali, ad esempio, il teleconsulto e il rafforzamento dell’assistenza territoriale e dei servizi al cittadino “a distanza”. In questi giorni di grave emergenza sanitaria, la telemedicina può sicuramente svolgere un ruolo molto importante nell’assistenza dei pazienti potenzialmente infetti direttamente al domicilio.Un interessante articolo pubblicato nel 2018 da Simon Wilson (Cto, Uk&I At Hpe Aruba) ha stigmatizzato i cambiamenti nell’industria sanitaria al 2030. “Nel prossimo decennio probabilmente passeremo a controlli medici più automatizzati al fine di soddisfare la maggiore domanda di medici a causa della carenza di personale e dei budget ridotti... il futuro sarà molto più snello...i tuoi organi vitali saranno monitorati utilizzando la tecnologia di imaging in grado di valutare la frequenza cardiaca, la temperatura e la frequenza respiratoria; i sensori eseguiranno un test della pressione sanguigna e dell'elettrocardiogramma (ECG) entro 10 secondi, e in seguito sarà possibile eseguire il triage automatico o persino la diagnosi. Con questa diagnosi più rapida, non ci sarà attesa per i risultati o un appuntamento di follow-up per condividerli con il medico. Gli operatori sanitari avranno più tempo per concentrarsi sui pazienti, avranno migliori repository di dati digitali e quindi informazioni molto più ricche per il processo decisionale. Meglio ancora, saranno in grado di accedere a tutti i record digitali dei pazienti sui loro dispositivi mobili. I pazienti stessi non dovranno nemmeno entrare in ospedale per la diagnosi. Con strumenti basati su app indossabili saremo in grado di monitorare la salute”.Anche l’utilizzo della tecnologia in ambito logistico, in particolare per quanto attiene il controllo dei costi, è diventato imprescindibile. Gli ospedali movimentano continuamente grandi volumi di materiale tra laboratori, farmacia, cucina, lavanderia, amministrazione ecc. La funzione logistica (“no core” per l’ospedale) determina notevoli implicazioni in termini di costi, qualità e sicurezza. Una stima condotta dalla società di consulenza Deloitte mette in evidenza che gli infermieri, in genere, trascorrono meno di due ore di un turno di 12 ore nella cura diretta del paziente.Già alcune realtà estere molto avanzate hanno compreso che l’uso della robotica costituisce uno strumento estremamente valido per l’automatizzazione dei servizi ospedalieri ausiliari e di back-office oltre che l’efficientamento dei processi, il miglioramento dell’affidabilità, la riduzione dei tempi e dei costi. Ma l’attualità degli eventi ci spinge a ulteriori considerazioni circa l’impiego e la versatilità di tali automazioni. E’ notizia recentissima l’utilizzo di “robot-medici” in corsia presso l’Ospedale di Circolo di Varese al fine di aiutare il personale medico nella gestione dei malati infetti da Coronavirus: i robot entrano nelle camere e grazie alla
telecamera di cui sono dotati, permettono il monitoraggio a distanza dei parametri da parte di medici e infermieri, oltre a fare un minimo esame obiettivo. Un sistema videocitofonico consente al personale di interagire con il malato, risparmiando tempo, limitando il consumo di dispositivi di protezione e, soprattutto, il rischio di infezione per gli operatori sanitari. Come ha spiegato il professor Francesco Dentali, direttore del reparto di Medicina ad Alta Intensità "I robot non eliminano il contatto umano con il paziente, ma riducono gli accessi. Anzi, facendoci risparmiare il tempo di vestizione e svestizione, che ha un impatto notevole sulla nostra attività, a migliorare sarà anche la qualità del tempo che dedicheremo ai nostri pazienti".PROGETTARE GLI OSPEDALI GUARDANDO AL FUTUROL’ospedale digitale ha cambiato le “domande” di chi si accinge a pensare all’ospedale del futuro.Se la domanda del passato era: “di quanti letti abbiamo bisogno?”, le domande del futuro sono: “Come migliorare la qualità dell'assistenza? Come creare processi più efficienti? Come migliorare l'esperienza del paziente e dello staff?”.Allo stesso modo, cambiano anche le risposte: non più ospedali con tanti posti letto ma ospedali pensati in funzione dell’attività e dei processi di cura, con maggiori spazi per i servizi clinici (diagnostica, terapie, sale operatorie, imaging, laboratori, ambulatori ecc.) e la ricerca (health hub, acceleratori di ricerca); ospedali sempre più connessi con la rete e con il cittadino.Esagerando un po’ si può immaginare un futuro in cui “…sarà l’ospedale, in parte, ad andare dal paziente”: in alcuni Paesi esistono già forme ibride in cui ospedale reale e ospedale “virtuale” collaborano nel percorso clinico del paziente.L’auspicio è che l’approccio inedito che ha interessato anche il nostro Paese in quest’ultimo frenetico mese di lotta alla pandemia, non sia riservato solo alla fase emergenziale ma costituisca un punto di partenza per ulteriori sviluppi innovativi nella presa in carico del paziente durante il suo percorso di cura.